Dopo 15 anni passati a migrare workload su cloud per diverse aziende, ho sviluppato una sana dose di scetticismo verso la narrativa dominante del "cloud-first a tutti i costi". Non fraintendetemi: il cloud rimane una scelta eccellente in molti scenari, ma la realtà che ho toccato con mano è più sfumata di quanto i vendor vogliano farci credere.
La verità scomoda sui costi cloud
Nella mia esperienza, quando analizzo i costi cloud di una tipica azienda media, trovo sempre lo stesso pattern: budget superati e sprechi che fino al 30% della spesa totale.
La scomposizione tipica dei costi cloud che vedo più spesso rivela un quadro interessante:
- Buona parte delle aziende ha grossi problemi nel controllo dei costi e faticano a fare previsioni accurate di spesa
- I costi di egress spesso sono la sorpresa più grande, arrivando fino al 20% del totale
- Le risorse zombie sono ovunque: VM, storage e servizi dimenticati che continuano a generare costi
L'elefante nella stanza: la complessità nascosta
La promessa del cloud è quella di semplificare la gestione dell'infrastruttura. La realtà che vedo ogni giorno è che spesso si sostituisce complessità hardware con complessità software - e quest'ultima può essere molto più insidiosa da gestire.
Ho notato che circa tre quarti delle organizzazioni con cui lavoro riportano la complessità come principale sfida, specialmente quando si parla di sicurezza e governance.
Quando on-prem ha ancora senso: casi d'uso reali
Nella mia pratica, ho identificato tre scenari dove l'infrastruttura on-premise risulta ancora vantaggiosa:
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Workload prevedibili e stabili
Ho visto ripetutamente come le applicazioni con carichi prevedibili possano costare fino al 30% in meno on-premise su un periodo di 3 anni. -
Dati con alta località
Quando lavoro con applicazioni data-intensive, la gestione locale dei dati spesso riduce drasticamente non solo i costi ma anche la latenza. -
Requisiti di compliance stringenti
Nel settore finanziario e sanitario, ho visto la gestione della compliance su cloud aumentare i costi operativi anche del 40%.
L'importanza di un'analisi pragmatica
Nel mio lavoro quotidiano, utilizzo questo framework decisionale che si è dimostrato efficace:
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Calcolo del TCO su 3 anni includendo:
- Costi hardware/software
- Costi operativi (personale, energia, spazio)
- Costi di rete
- Costi di migrazione e training
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Analisi dei pattern di utilizzo:
- Variabilità dei carichi
- Requisiti di scalabilità
- Località dei dati
- Vincoli di compliance
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Valutazione delle competenze interne:
- Expertise esistente
- Costi di formazione
- Disponibilità sul mercato
Lezioni apprese sul campo
Dopo centinaia di progetti, queste sono le mie principali osservazioni:
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Il cloud non è un risparmio automatico
Quasi metà dei progetti che ho seguito hanno riportato costi superiori alle aspettative iniziali. -
La complessità si sposta, non scompare
La maggior parte degli sviluppatori con cui lavoro considera la complessità del cloud una delle sfide più significative. -
L'ibrido non è un male
Le implementazioni di maggior successo che ho visto sono quasi sempre ibride, con un mix intelligente di cloud e on-premise.
Conclusione: verso un approccio equilibrato
La realtà che ho toccato con mano è che non esiste una soluzione universale. Il cloud è fantastico per molti scenari, ma non è la risposta a tutto. Il mio consiglio? Partite dai dati, non dal marketing. Analizzate i vostri workload specifici, calcolate i costi reali (non teorici) e prendete decisioni basate sulla vostra realtà, non sui trend del momento.
Nel dubbio, iniziate piccolo e scalate gradualmente. L'approccio incrementale, per quanto meno sexy, vi permetterà di validare assunzioni e costi prima di committare risorse significative.
Il cloud è uno strumento, non un obiettivo. E come tutti gli strumenti, ha il suo posto e le sue limitazioni. La vera abilità sta nel saperlo utilizzare nel modo giusto, al momento giusto, per il workload giusto.